lunedì 12 marzo 2018

Eravamo quattro bambine a Dolonne




  







Eravamo quattro bambine a Dolonne, quando le bambine venivano ancora vestite da bambine, con abiti cuciti da zie e mamme e che quel giorno ci avevano messo perché un monsè ci avrebbe fotografate.

Davanti, fiere delle loro bambole,
Maria Rey ed Eleonora Gex
Dietro, Chicca Rey ed io.




Sorridevamo contente davanti alla vetrina di generi alimentari della famiglia Rey, aperto appena qualche anno prima grazie all'intuizione della signora Elisa: il turismo aumentava di anno in anno e un altro negozio avrebbe lavorato tanto quanto se non di più di quello che c'era già in mezzo a Dolonne.
Per noi bambini quella vetrina era una finestra su un mondo immaginario dove venivano prodotti i nostri oggetti del desiderio: soprattutto caramelle, gelati e una crema in vaschetta al cioccolato e nocciole che allora non si chiamava ancora Nutella.


Dolonne già in quell'anno non era più il piccolo villaggio, raffigurato in questa cartolina dei primi anni del '900, armoniosamente allungato sulla cresta della morena laterale del ghiacciaio Balteo quando, solo l'edificio, in primo piano addossato al ponte sulla Dora Baltea, lo stabilimento idroterapico Tavernier, segnalava la presenza di turisti, anzi no, di villeggianti.

Costruito nel 1883 proprio nel punto in cui sgorgava la sorgente nota, sin dal 1680, con il nome di Jean Baptiste in onore della principessa Maria Giovanna Battista di Savoia, e le sue acque, così come quelle ferruginose de La Vittorie e solforose de La Saxe, avevano attirato, durante tutta la Belle Epoque, aristocratici e nuovi ricchi.


Ma era principalmente, il nostro capoluogo, Courmayeur, a beneficiare dei positivi effetti economici del turismo. Le frazioni ne erano toccate ancora solo marginalmente e Dolonne così come Entrèves, il Villair e La Saxe, era ancora un villaggio rurale, soprattutto in inverno, con i turisti in città, nessuna auto e le mucche nelle stalle.



Erano infatti ancora ben presenti alcuni elementi della nostra identità contadino-montanara:molti i fienili, ancora attiva una coloche di pecore e tante le famiglie che allevavano mucche da latte che, d'inverno, veniva conferito alla latteria consortile dove se, all'uscita dalla scuola, passavi, poteva accadere che il casaro, immerso il braccio nella grande caldaia del latte pronto a trasformarsi in toma, ti offrisse un pugno di caldo e delizioso "prei".


Non più di moda "passare le acque", lo stabilimento Tavernier, diventato  hotel nel 1923, da allora di decennio in decennio, declassato era diventato l'Albergo Stella d'Oro ma non era più l'unica struttura ricettiva della frazione, altre pensioni erano state costruite: La Sorgente, Villa Maria, la Pensione delle Alpi, la Pensione Dora  ma, tutte prive di riscaldamento centralizzato, erano aperte solo d'estate.

Gli sport invernali non erano ancora un fenomeno di massa, pochi gli impianti sciistici e da poco terminata la costruzione della Funivia del Monte Bianco, la stagione invernale sarebbe decollata solo a partire dagli anni 70 e con il suo affermarsi l'identità di Dolonne sarebbe cambiata per sempre.


Ne eravamo consapevoli?
Anche noi bambine ci accorgevamo che di estate in estate sempre più villeggianti e persino turisti arrivavano a Dolonne ed i due negozi avevano molti più prodotti e, sul coperchio del frigo a pozzetto dei gelati, c'erano persino dei quotidiani.
Erano gioiose e spensierate quelle estati segnate da nuove ed interessanti compagne di gioco: le bambine di città che, allora, con le loro mamme non impegnate nel lavoro, trascorrevano tutta l'estate in montagna.

Che qualcosa stesse cambiando, non l'avremmo saputo spiegare: eravamo troppo piccole ma, inconsciamente, anche noi lo intuivamo
Il miracolo economico italiano era nell'aria e  noi ne respiravamo il profumo.

L'odore sarebbe arrivato molti, molti anni dopo.

La città stava salendo in montagna
Noi la stavamo aspettando a braccia aperte.